La partecipazione

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1965-1978: il movimento anti-manicomiale umbro

La partecipazione

Nel costante processo di trasformazione e “democratizzazione” dell’Ospedale Psichiatrico, intorno al 1968 i ricoverati vennero coinvolti abitualmente   nelle assemblee interne insieme agli operatori, infermieri e medici, per discutere problemi e assumere decisioni. Anche i ricoverati potevano esprimersi liberamente, consentendo o dissentendo sulle linee di gestione dell’istituzione (Micheli 1982).

Assemblea mattutina, Ospedale Psichiatrico di Perugia, Padiglione Neri, foto di Massimo Stefanetti, 1969

Durante un’assemblea interna che vide anche la partecipazione della Giunta provinciale, uno dei ricoverati così commenta:

“Voglio far notare ai presenti che i signori medici a volte sono un po’ troppo, nei nostri confronti, diremmo quasi inesistenti, non lo so perché lo facciano, ci controllano poco, ci stanno vicino poco, dialogano con noi molto poco. Insomma tra noi malati e il medico c’è poca comunicativa. Non so perché si ha da verificare questo, mentre invece con l’infermiere è tutta un’altra cosa. Solo che l’infermiere, a differenza del medico, usa nei nostri confronti dei sistemi un po’ coercitivi, un po’ autoritari, un po’ violenti” (Riunione del personale dell’Ospedale Psichiatrico con la Giunta provinciale, seduta del giorno 17-11-1969, dattiloscritto).

Nella stessa assemblea interviene anche un altro paziente:

«Io sono 150 anni che sto al manicomio; a Roma avevo un banco da fruttarolo, vendevo… un giorno mi si presenta uno e mi dice […] un minuto per una formalità, vi vuole il maresciallo […], ma perché, dico, io non ho fatto niente, sto per i fatti mia… Ho scritto un cartellino “torno subito” sono passati 35 anni e ancora non sono tornato». (ibidem)

“L’esperienza assembleare lasciava una grossa eredità nella cultura degli operatori psichiatrici. Al centro di essa vi era ormai la riscoperta della soggettività del malato e il suo diritto alla riappropriazione di sé” (Brutti, Scotti 1980, p. 37).

Il 16 marzo 1968, il giornalista Felice Chilanti, a proposito dell’esperienza assembleare perugina, scrive: «L’Assemblea è l’organo di autogoverno della Comunità terapeutica; da alcuni mesi il reparto è effettivamente “governato” dall’Assemblea». L’articolo di Felice Chilanti, L’assemblea dei malati è l’organo di governo. Terapie rivoluzionarie all’Ospedale Psichiatrico di Perugia, fu pubblicato su “Paese Sera” il 16 marzo 1968 e fu l’ultimo di quattro articoli (usciti il 13 e 19 febbraio e il 4 marzo 1968) interamente dedicati all’esperienza anti-manicomiale di Perugia.

Ogni decisione che interessava l’organizzazione interna all’Ospedale Psichiatrico, infatti, veniva discussa collettivamente, individuando “soluzioni creative” alle questioni che di volta in volta dovevano essere affrontate.

“C’erano le assemblee per dare i coltelli e le forchette, c’era creatività nell’inventarsi delle soluzioni. Ad esempio, si facevano le assemblee e le infermiere si lamentavano perché si bagnavano mentre pulivano le malate; in assemblea perciò si decise di dare alle infermiere il costume da bagno!” (Psicologa Perugia).

“C’erano tutte queste sedie e poi una specie di tavolo e poi c’erano i malati di mente che prendevano la parola, i medici, chi urlava di qua e chi urlava di là, quindi il personale che si confondeva con i malati, senza un camice” (Psicologa Perugia).

“C’era anche una grossa partecipazione dall’esterno. [veniva gente da fuori] ad ascoltare e a fare le solite battute: “quello è il paziente più grave!”, riferendosi a Manuali” (Psichiatra Perugia).

Ben presto divenne consuetudine affrontare collettivamente ogni nuova dimissione, formulando programmi per agevolare il reinserimento del paziente in famiglia e attuando in tal modo la prima reale esperienza di psichiatria di territorio.

Vennero anche organizzate assemblee pubbliche che vedevano una larghissima partecipazione popolare e che si svolgevano di volta in volta nei diversi luoghi di origine. Il costante e progressivo lavoro di dimissione dei pazienti, accompagnato da una drastica riduzione delle degenze, portò ad una repentina diminuzione del numero dei ricoverati all’interno dell’Ospedale Psichiatrico, “spingendo” così tecnici e amministratori ad organizzare una sempre più definita assistenza psichiatrica di territorio.

Questi processi si sviluppavano a Perugia parallelamente a un mutamento della normativa nazionale. La legge 12 febbraio 1968 n. 132 “Enti ospedalieri e assistenza ospedaliera” cosiddetta Legge Mariotti attenua il carattere repressivo e custodialistico della legge Giolitti che pur rimane in vigore. Infatti essa viene riconosce alla persona sofferente il diritto di chiedere l’ammissione e il ricovero in ospedale psichiatrico su semplice autorizzazione del medico di guardia. Viene inoltre cancellata la registrazione dell’avvenuto ricovero nel Casellario giudiziale.

Si sviluppa nello stesso tempo il dibattito nazionale. Particolarmente rilevante è il convegno “Psichiatria e Servizio sanitario nazionale”, tenuto nel 1970 Reggio Emilia, dove i rappresentanti dei partiti politici più importanti (Partito Comunista, Democrazia Cristiana e Partito Socialista) parlano di abolizione del manicomio e istituzione di servizi psichiatrici all’interno delle Unità Sanitarie Locali.