Nel continuo processo di riflessione critica del movimento psichiatrico umbro, ben presto anche la fase dell’umanizzazione, venne superata nella consapevolezza che tali cambiamenti si inserivano comunque all’interno dei processi di istituzionalizzazione.
Tullio Seppilli, Fortezze vuote: Umbria, una risposta politica alla follia, film documentario di Gianni Serra, 1975
“Noi siamo giunti attraverso tutto un processo liberatorio, anche paternalistico, a maturare l’esperienza delle assemblee e delle comunità terapeutiche. E, con la maturazione di questa esperienza, attraverso un processo anche lacerante all’interno dell’ospedale, di rottura di vecchie strutture segregazioniste, siamo giunti a maturare la crisi di una istituzione che aveva subito un processo di trasformazione, si era anche umanizzata, ma che poneva comunque dei problemi. La stessa comunità terapeutica, formava un gruppo chiuso all’interno dell’ospedale, determinava comunque un processo di istituzionalizzazione anche se a un livello più umano di quello precedente. Ecco perché da quel momento noi abbiamo rovesciato le carte e abbiamo cominciato una lotta che abbiamo chiamato lotta all’internamento psichiatrico, come momento della lotta per una nuova cultura e una nuova società. Abbiamo collegato il problema del fenomeno psichiatrico ai problemi più generali della società, abbiamo iniziato una lotta per la depsichiatrizzazione del fenomeno psichiatrico, anche perché la psichiatrizzazione molte volte diventa anche un alibi alla repressione. Tale lotta dunque diventa una grande battaglia civile”.
In questo intervento presentato nel corso della trasmissione Rai “Boomerang” del 1970 – a cui presero parte, tra gli altri, anche Michele Risso e Franco Basaglia – Ilvano Rasimelli colloca la lotta all’internamento psichiatrico entro il più ampio quadro di un vero e proprio cambiamento culturale e sociale. Lo stesso Tullio Seppilli sottolineerà pochi anni dopo la necessità di inserire le battaglie antimanicomiali entro un programma strategico capace di condurre alla costruzione di reti nel territorio, a un dialogo costante con la popolazione, con i quartieri, con le fabbriche, con le scuole, arrivando a migliorare la qualità della vita, unica condizione per “superare” le cause principali della malattia.