Il dispositivo manicomiale era regolamentato dalla legge n. 36 del 1904 (la cosiddetta legge Giolitti), direttamente connessa alla giustizia penale e alla pubblica sicurezza, che considerava il malato di mente pericoloso a sé e agli altri e di pubblico scandalo.
Art. 1. Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a sé o agli altri o riescano di pubblico scandalo e non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorché nei manicomi.
Il “disturbato” mentale, era sempre considerato potenzialmente pericoloso, visto come indecifrabile, impenetrabile. Una volta entrato in manicomio era puro corpo, oggetto, la cui esistenza veniva dimenticata e spesso cancellata. Sul piano “terapeutico” dominava l’uso dei mezzi di contenzione, quali la camicia di forza, il letto di contenzione, l’elettroshock, le trapanazioni cerebrali, orientati, più che alla cura, alla custodia e alla repressione.